giovedì 25 giugno 2015

RICORDANDO



Ci sono tanti modi per ricordare una persona e il mio modo di ricordarti è attraverso uno dei doni che da te ho ricevuto: il piacere di scrivere e di comunicare.
Sono passati, ormai, già nove anni da quel 26 giugno in cui la Vita decise di fermarsi. Tu avresti voluto continuare a vivere ma arriva un momento in cui anche le persone più coraggiose, più forti, più indomite, e tu eri una di queste, si debbono arrendere.

Hai lottato con tutte le tue forze fino all'ultimo secondo, tu che nella vita avevi sempre combattuto, e non ti eri mai fermata neanche quando avresti dovuto farlo.

Di quegli ultimi istanti ricordo il momento in cui tu mi stringesti forte le mani, quasi a voler chiedere a me protezione, dopo che per una vita io avevo chiesto protezione a te e non dimenticherò mai il sorriso con cui mi dicevi di andarmene a casa a riposare ed io non volevo lasciarti, anche perché dalle parole dei dottori e dal foglio che mi fecero firmare, avevo capito che, ormai, non c'era più nulla da fare.

La mattina del 26 mi svegliai e prima di iniziare a lavorare, passai nella Chiesa vicina all'ufficio e come spesso si fa in questi momenti in cui non si ha più la forza di darsi delle risposte, andai a cercare una risposta da Chi sapevo me l'avrebbe potuta dare, ed ero pronto ad accettare qualsiasi risposta fosse arrivata.

Appena tornato in agenzia squillò il telefono e i medici mi dissero di correre in ospedale "perché da un momento all'altro"....

Alle 13.05 mentre eravamo scesi giù al bar dell'ospedale per uno dei tanti caffè di quella lunga mattina, arrivò sul cellulare la telefonata che sapevamo poteva arrivare.

La stanza dei medici era socchiusa e da lì vedemmo il grafico del monitor, collegato al tuo cuore, che andò sempre più fermandosi, finché decretò la tua fine.

Nove anni già sono passati, chissà quanti altri ne potranno passare, non lo posso sapere.

Nove anni in cui un figlio che aveva vissuto gran parte della sua vita insieme a sua madre, ha dovuto fare i conti prima di tutto con se stesso per rimettersi in gioco e andare a ricostruire dei tasselli che, inevitabilmente, non potevano essere più gli stessi.

Nove anni in cui questo figlio ha dovuto combattere con le sue paure che spesso non erano paure ma solo forme di ulteriore protezione per non esporsi, per non affrontare scelte, per non prendersi eccessive responsabilità.

Una delle tue preoccupazioni era che quando sarei rimasto solo avrei rischiato di non farcela e spesso me lo facevi notare ed io ti rispondevo con ironia, quasi a convincermi che non sarebbe mai arrivato il momento, in cui avrei poi dovuto cavarmela da solo.

Ho compiuto un lungo e spesso difficile percorso alla ricerca delle risposte che ogni uomo sensato si pone.

A tante di queste sono riuscito a trovare la soluzione, per altre ancora sto cercando di capire, e forse non troverò mai la risposta giusta, qualora pure ci fosse.

Quello di cui sono certo è che tu puoi non esserci più con la tua presenza, con la tua voce, con le tue difficoltà, ma ci sei sempre perché una Mamma non lascerà mai solo un figlio.

Dedicato a Te.