mercoledì 28 marzo 2012

Il mondo di Facebook


Alcuni anni fa, forse quattro o cinque non ricordo con esattezza, mi trovavo in viaggio a Cipro, con un gruppo di colleghi di altre agenzie, e tra questi c'erano alcuni ragazzotti che parlavano tra loro e si raccontavano di aver iniziato ad usare un qualcosa che allora mi pareva essere un oggetto proveniente da altro pianeta.

In particolare tra di essi c'era l'esperto di turno che stava spiegando agli altri come funzionasse questo strumento e di come lui lo stava utilizzando per scambiarsi delle foto con gli amici.

Per quanto mi riguarda detti poca importanza a quel discorso, specialmente io che almeno fino a non molto tempo fa non avevo un felice rapporto con la tecnologia.

Nonostante ciò mi rimase un pizzico di curiosità e volevo capire qualcosa di più di quello strumento che mi dissero chiamarsi Facebook.

Tornato alle normali abitudini e al normale atteggiamento di ritrosia verso la tecnologia, non pensai più a quei discorsi anche se sentivo altre persone, soprattutto giovani parlare di questo strumento.

In occasione del mio cinquantesimo compleanno, avvenuto nell'aprile dello scorso anno, un gruppo di amici e di amiche mi hanno voluto regalare il portatile da cui sto scrivendo, perché era giunta l'ora che mi adeguassi ai tempi, io che amo ancora scrivere le cartoline e forse sono uno dei pochi sopravvissuti, io che ho riempito pagine di diari scritti a penna, io che per fare le statistiche non uso excel ma prendo la riga e faccio le colonne su un foglio e i calcoli li faccio ancora a mano.

Da poco mi ero, anzi mi  avevano coinvolto nel mondo di facebook, aprendo il mio profilo e all'inizio ci avevo buttato dentro qualche familiare più evoluto, qualche amico che come me stava iniziando ad usarlo.

Ritrovandomi il portatile a casa, come un bambino che sta scoprendo il gioco che gli hanno donato, ho iniziato a familiarizzare con la tecnologia e non potevo fare a meno di iniziare ad usare in maniera più massiccia quello strumento di cui sentivo parlare sempre di più.

Oggi sono arrivato ad avere quasi 500 amici, ad usare quasi quotidianamente facebook ed in parte è diventato una sorta di lavoro, di mission.

In mezzo a questi 500 amici devo dire che quasi tutti hanno degli elementi di condivisione reale perché tra di essi ci sono le persone a me legate da rapporti di amicizia vera, amicizia che affonda negli anni dell'infanzia, negli anni scolastici e poi man mano gli amici e le amiche che hanno condiviso un bel pezzo di vita insieme.

Un nutrito gruppo è costituito dal mondo degli agenti di viaggio e considerando che in Italia ci sono 12mila agenzie e non so quanti tour operator, qui il bacino d'utenza sarebbe infinito....

Poi ci sono delle persone a cui ho dato l'amicizia, in uno slancio di condivisione, persone anche di altra nazionalità, di altri luoghi, di cui francamente non so neanche chi siano e ogni tanto mi scrivono pure nella loro lingua e lascio alla libera interpretazione.

Ho creato la pagina della mia agenzia per poter trasmettere ai suoi fans notizie, foto, curiosità dal mio mondo, ossia dal mondo dei viaggi.

Gestisco due gruppi: uno che ho chiamato con provocazione "Agenti di Viaggio in Estinzione" per sensibilizzare l'attenzione su una categoria a rischio di scomparsa ed uno, dedicato alla crescita personale, un mio piccolo e modesto contributo, e l'ho chiamato "Viaggio nel Miglioramento".

Tutto questo lo vivo con il giusto equilibrio, come deve essere sempre, nel senso che è meraviglioso condividere pensieri, immagini, poesie, video, cose più o meno simpatiche, pubblicare e scambiarsi foto.

 Tutto può essere fantastico, ma non deve mai sostituire la bellezza, la poesia, la magia che può dare uno sguardo, una carezza vera, il contatto della pelle, un sorriso che ti rincuora, una lacrima che ti aiuta a dimenticare.

Andando quasi quotidianamente a riempire la mia bacheca di cose che cerco sempre di selezionare, per rispetto verso chi condividerà quello che io ho scelto, potrei quasi cominciare a tracciare una sorta di identikit di tutti quelli che transitano su questo mezzo, perché se si ha l'acume di osservare, ci si rende conto che ognuno di noi, anche quando si posiziona su facebook, va esprimendo la sua personalità, il suo modo di essere, il suo modo di interpretare la vita, il suo modo di porgersi agli altri.

Pian piano mi sono accorto di avere anche io il mio gruppo di fans, quelli che quasi sempre commentano i miei post, quelli che scrivono "mi piace", ci sono quelli che ogni tanto emergono dall'anonimato e poi non so più che fine abbiano fatto.

Comunque, criticabile o meno che sia, ognuno ha il suo metro di valutazione, di una cosa dobbiamo dare atto al suo giovane fondatore, di aver rivoluzionato le abitudini di vita di milioni di persone nel mondo e non posso che inchinarmi all'intuizione e al genio di chi ha inventato Facebook, diventando miliardario con questo "giocattolino".

Santo





mercoledì 21 marzo 2012

TU MI HAI DELUSO










"Tu mi hai deluso, da te non me lo sarei mai aspettato"

Quante volte si cade in questo tranello della mente? 
Quante volte siamo portati ad addossare agli altri colpe che non hanno se non per il fatto che il loro mondo non è uguale al nostro mondo?

Spesso siamo portati a caricare un incontro con una persona di tante di quelle aspettative che altro non sono che le nostre aspettative, il nostro modo di interpretare la vita.

Le tue regole possono essere uguali alle mie ma potrebbero essere completamente differenti e quando si crea un conflitto di regole è ovvio che sia facile arrivare allo scontro.

Se si avesse però il coraggio di avere un pizzico in più di umiltà, se invece che chiudersi nel silenzio o ancor peggio nell'orgoglio, ci si parlasse, sicuramente, tante cose si potrebbero chiarire senza lasciare che il dubbio, il sospetto, la supposizione, l'errata interpretazione, possano mettere a rischio una storia, che possa essere una bella storia di amicizia, un rapporto d'amore, una qualsiasi relazione.

Per arrivare a questo grado di saggezza, il primo passo da compiere è quello di sapersi accettare, di comprendere che non esiste al mondo una persona uguale ad un'altra persona, che ognuno di noi ha la sua storia, il suo vissuto, si porta dentro ferite non rimarginate, e, quindi, se una persona è riuscita a trovare il suo equilibrio, il suo scopo nella vita, sarà ancora più facile riuscire a gestire i rapporti con le persone che incontrerà lungo la sua strada.

Ci saranno persone che ti daranno tantissimo, persone che le puoi incontrare dopo lunghi anni di assenza e sarà come se vi foste incontrati il giorno prima, persone alle quali hai dato così tanto che il solo pensarti le fa stare bene.

Ci saranno anche persone che non ti comprenderanno, che nonostante i tuoi sforzi vogliono rimanere così come sono e come si sentono di essere ma non per questo ti odieranno.

Ci saranno anche persone così lontane da te che te ne accorgerai già dal primo momento e le lascerai al loro destino.

Man mano che crescerai e la vita ti sottoporrà a delle prove sempre più impegnative, ti farai una sorta di corazza che non vuole significare il chiudersi e non aprirsi alla vita, ma sarà una sorta di cintura di sicurezza che ti permetterà di dare il giusto valore a tutto quello che ti succederà, e, soprattutto, ti darà la capacità di poter, comunque, ritrovare in te stesso la forza, l'entusiasmo, la passione, la grinta, per dire Ok è andata così poteva forse andare diversamente ma io sono sempre qui e continuerò a sognare, a desiderare.

E se poi incontrerai quella persona che ti prenderà per mano e insieme comincerete a percorrere la strada della vita, ti lascerai andare, perché a quel punto l'Amore non ha bisogno di domande, va solo vissuto.

giovedì 15 marzo 2012

UN PADRE, UN FIGLIO, L'ADDIO


Sin da bambino, sono stato un divoratore di libri, passione che mi ha sempre accompagnato nel corso della vita, contribuendo a sviluppare, in parallelo, l'amore per la scrittura, da cui è derivato anche il desiderio di tenere un blog, una sorta di diario personale che non resta in un cassetto, ma viene da me condiviso. con chi abbia desiderio di leggermi.

Nella scelta di un libro mi sono quasi sempre affidato all'istinto, alla curiosità, che è una delle caratteristiche predominanti della mia personalità.

Mi piace entrare in una libreria, percorrerla nelle varie sezioni, osservare l'esposizione dei libri sugli scaffali, finché una o più copertine attraggono la mia curiosità.

Prendo quei due/tre libri che ho scelto, me li guardo, leggo la quarta di copertina e inizio già ad immedesimarmi nella storia, cercando, anche, di capire se la stessa storia possa avere dei punti in comune con la mia esperienza di vita.

Sabato scorso ero entrato in una di queste librerie per cercare un testo di crescita personale, uno degli interessi che sto seguendo da alcuni anni, e, mentre, ero lì a cercare quel testo, gli occhi si sono poggiati su questo libro "Neanche con un morso all'orecchio", scritto da Flavio Insinna, sicuramente a tutti noto per le sue qualità di attore, di showman, di conduttore televisivo, ma meno noto come scrittore. 

La copertina con la sedia vuota ed un semaforo,il titolo enigmatico e la foto di Flavio pensieroso, mi avevano fatto ritenere, in un primo momento, che fosse  uno di quei libri che spesso vengono scritti da questi personaggi televisivi, ed altro non sono che delle storie di poco spessore.

Vado in quarta di copertina e leggo "come se fossi in un negozio mi sono detto: chiuso per lutto. Lo spettacolo si può anche fermare. A volte pure il giullare non c'ha voglia"

Ho cominciato, quindi, a pensare che questo libro potesse avere uno spessore più profondo.

"la morte del padre è l'evento che cambia il corso di un'esistenza. Quello che fa diventare grandi, fa decifrare il senso di una vita intera......rivolgendosi al padre in un corpo a corpo serrato.....esplora il mondo in ombra dei sentimenti e del dolore, dei conflitti e dell'amore....Un originale memoir sulla lunga adolescenza di un eterno Peter Pan (che a 45 anni vive ancora in casa con mamma e papà) costretto a diventare di botto responsabile, con il conflitto tra il desiderio di entrare vittoriosi nella vita adulta e il bisogno irrinunciabile di essere se stessi, costi quel che costi..."

Questa una sintesi della presentazione del libro.

Una storia che appena ho iniziato a leggerla mi ha messo i brividi addosso perché le prime pagine, in cui Flavio descrive la mattina in cui il padre si è sentito male, hanno chiamato l'ambulanza e sono corsi al Pronto Soccorso, ha riflettuto totalmente la medesima scena che ho vissuto anche io una mattina di quasi 6 anni fa, solo che al posto di un padre c'era una madre,e come Flavio, io che ho perduto mio padre quando avevo appena 21 anni e lui 58, ho vissuto con mia madre fino ai miei 45 anni.

Ed anche per me di botto sono dovuto diventare responsabile di tutto e decidere se nella mia vita volevo andare definitivamente giù o iniziare un percorso di rinascita, un percorso che ho poi fatto e di cui sono estremamente fiero.

Sto ancora leggendo questo libro e ci sono tanti episodi che vorrei condividere con voi, ma vi invito a comprarvelo, a rinunciare ad una pizza e spendere 16 euro per un testo che vi può, per qualche sera, distrarvi dalle cazzate che spesso ci propina la televisione.

Uno dei capitoli che mi hanno più commosso e nello stesso tempo mi hanno fatto riflettere è quello chiamato "Un Amore" in cui Flavio osserva la madre al capezzale del padre, ormai intubato, ormai in quello stato tra gli ultimi sussulti di vita e la morte che sta arrivando, e paragona la madre ad "una tigre che veglia il suo leone", ricordando il grande Amore che questa donna ha avuto per il suo uomo.





Mi ha commosso perché mi ha fatto ripensare alla stessa forma di Amore che mia madre ha avuto per il suo uomo, un amore immenso che ha superato tutte le difficoltà, le ristrettezze economiche, le incazzature.

Una donna che pur avendo perso il marito giovane ha continuato a rispettarlo e sicuramente l'ultimo pensiero che avrà avuto è stato per lui, sapendo che andava a ricongiungersi con il suo uomo.

Questa è la forma d'amore che, soprattutto le persone della mia generazione, hanno visto nei propri genitori, una forma d'amore che, comunque,  ha dato tanto anche a noi figli e se oggi noi siamo arrivati all'età di mezzo e non abbiamo avuto bisogno di drogarci, di farci del male o ancor peggio di far del male, se ancora oggi siamo capaci e desiderosi di innamorarci, lo dobbiamo a queste persone che sono stati i nostri genitori.

E come dice Flavio vadano a quel paese tutti coloro che dicono "erano altri tempi" perché anche io come lui rimpiango quei tempi in cui ogni parola aveva il suo giusto significato, e non oggi, in cui non ci si sta capendo più niente.

Santo