martedì 25 settembre 2018

La telefonata che non vorresti mai ricevere


Questo è uno di quei telefoni che si usavano negli anni 80, quando ancora non esisteva tutto quello che sarebbe arrivato negli anni successivi.

Il telefono fisso di casa rappresentava insieme al telefono pubblico dei bar o delle cabine telefoniche lo strumento che ci metteva in comunicazione con gli altri.
Quando squillava, non sapevi chi potesse esserci all'altro capo del telefono, o quantomeno provavi ad immaginarlo o a sperare che la telefonata arrivasse, almeno, dalla persona che era in quel momento della tua vita l'unica persona che volevi sentire e  che quando sentivi la sua voce, ti faceva battere velocemente il cuore.

Purtroppo però quel telefono poteva anche portarti delle notizie che non volevi assolutamente ricevere e c'erano delle situazioni in cui sapevi che se avesse squillato, soprattutto in piena notte, non avresti mai voluto ricevere quella telefonata.

Si sta avvicinando la notte e la stessa identica notte di trentacinque anni fa, squillò il telefono di casa in piena notte.
Quello squillo era il segnale che fosse accaduto quello che una moglie, un figlio, una figlia, non vorrebbero  mai che accadesse.

Pensiamo di essere padroni del nostro destino e probabilmente lo siamo finché un destino più crudele e forte di ogni nostra volontà, si fa gioco di noi, delle nostre certezze, dei nostri programmi, dei sogni nel cassetto.
Avevi solo 58 anni, l'età che io avrò il prossimo anno.
Allora mi sembravi un gigante ed oggi mi rendo conto che eri solo un  uomo che poteva e aveva tutto il diritto di continuare a vivere la sua vita, cullato dall'amore di una donna che lo ha amato sempre, circondato dall'affetto dei figli, dei nipoti e oggi avresti avuto anche i pronipoti, saresti stato un bisnonno.

Squilla il telefono, ascolti la sentenza di condanna definitiva.
E poi la corsa in macchina verso l'ospedale, le lacrime, le urla di rabbia, il tocco gelido della morte.

Trentacinque anni, anno dopo anno, un lungo percorso di vita.
Ero un giovane appena diplomato, stavo muovendo i primi passi nel mondo del turismo e tu mi venivi a trovare in quell'agenzia dove avevo iniziato a lavorare, fiero di me che avevo realizzato quel sogno di poter lavorare in un'agenzia di viaggi, memore dei viaggi che, io piccolino, organizzavo ogni estate con te per andare con tutta la famiglia  in Sicilia, per quell'appuntamento annuale con i tuoi genitori e le tue sorelle, con le quali vi vedevate solo una volta all'anno, viaggio che ho raccontato nelle "vacanze di un bambino a Polizzi Generosa".

Oggi sono un uomo cresciuto e mi sto avvicinando alla stessa età che tu avevi quando ci hai lasciato, sicuramente contro ogni tua volontà.
Eri un colosso, un uomo alto, robusto, ti prendevamo in giro perché portavi le scarpe grandi e spesso avevi difficoltà a trovarle nei negozi di allora.

Eppure il male ti ha messo al tappeto in sette giorni.
Hai cercato di resistere, di vincere la battaglia e purtroppo ti sei dovuto arrendere.
Sappi però che tutto quello che mi hai potuto insegnare, seppur se nei pochi anni che siamo stati insieme, non sono stati insegnamenti vani.
Mi sono stati di grande aiuto a vivere la vita che ho vissuto,  mi aiuteranno ancor di più negli anni che il destino mi concederà.

Eri una persona estremamente buona ed umile, molto riservata, paciosa.
Un uomo che a differenza dei luoghi comuni sui siciliani, amavi la tua donna, la rispettavi, non ne eri geloso perché sapevi quanto lei ti amasse.
Per lei hai lasciato il tuo paese di origine, in anni in cui non era facile staccarsi dalle radici.
Con lei hai cresciuto una famiglia di 4 figli, ultimo io, e nonostante le ristrettezze economiche e le difficoltà quotidiane ci avete fatto crescere sani e con dentro valori inestimabili.

A me avete dato la possibilità, con grandi sacrifici, di andare avanti negli studi ed io ho cercato sempre di farvi sentire orgogliosi di me.

Se oggi sono qui a scriverti questa lettera è proprio perché ho avuto due genitori straordinari.
Grazie.



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