sabato 1 marzo 2014

IL GIOCO DELL'OCA





Quando ero un piccolo bambino, non esistendo allora i giochi tecnologici di oggi, ci divertivamo con quelli che erano definiti giochi da tavola.

Tra questi ce ne era uno chiamato il "gioco dell'oca". Ancora oggi mi chiedo perché avesse quel nome e di quel gioco mi ricordo, in particolare, quella casella in cui non ci si voleva mai fermare, perché ti rimandava al punto di partenza.

In quel periodo non potevo pensare che quel semplice gioco potesse essere anche una metafora della vita stessa. Per rendersi conto di tanti segnali che ci sono arrivati nell'infanzia, si deve andare avanti nella crescita, quando le esperienze cominciano a dare un senso al tutto.

Quante volte stiamo andando a mille, sembra che tutto giri al meglio, che tutto l'Universo tifi per noi ed ecco che all'improvviso ci si ritrova in quella casella e si è di nuovo al punto di partenza.

Allora, quando eri bambino, ci rimanevi male, gli amici che stavano giocando con te ti prendevano in giro, però alla fine ci ridevi sopra e ricominciavi il gioco,  sperando, che anche l'avversario potesse finire in quella casella e ritrovarsi anche lui al punto di partenza.

Credo che ognuno di noi si sia trovato in questo tipo di situazione, nessuno può essere immune dal rischio di cadere in quella casella.

Solo che quando non si è più bambini, non si sta più giocando, il gioco si è fatto più serio, più pericoloso.

E allora è in quel momento che si dovrebbe riuscire a ritrovare quello spirito che ti ha fatto ridere allora quando eri bambino.

Certo è facile dirlo a parole ma quanto è difficile poi metterlo in pratica, soprattutto quando le avversità, le contrarietà, le insidie si intersecano tra loro e ti senti debole, ti senti solo, sembra che nessuno abbia un minimo di comprensione per le tue difficoltà.

Sogni che hai fatto, obiettivi ambiziosi che ti sei posto, amicizie sulle quali hai poggiato le tue giornate, un amore che pensavi indissolubile, il lavoro per cui hai dato la vita, tutto sembra crollare, come quelle piramidi che tentavamo di fare con le carte da gioco,  poi un piccolo movimento, un respiro, e tutto andava giù.

La prima volta che sei di nuovo al punto di partenza sembra che non riuscirai a ripartire ed invece succede qualcosa che ti rimette in gioco e così ti accorgi di avere dentro sempre un residuo di forza, un ultimo appello al coraggio, quella spinta che ti fa rimboccare le maniche, una voce che ti sussurra "non arrenderti, puoi vincere la tua partita.".

Si gettano di nuovo i dadi e si riparte. Sai che nel tabellone di gioco c'è quella casella ma non avrai più paura di finirci dentro.

(Santo)






domenica 2 febbraio 2014

LA FATICA DI PORTARE UN PESO





E passato del tempo dal mio ultimo articolo su questo blog.
D'altro canto è pur vero che se ho avuto l'ambizione di chiamarlo "Migliora te stesso" (era il nome iniziale di questo blog) per dare prima di tutto a me e a chi, eventualmente, mi volesse seguire, dei messaggi di forza, di coraggio, di ottimismo, è necessario sentire dentro di sé questi sentimenti.
La vita però non sempre è così prodiga nel darti occasioni e spunti per essere sempre al massimo, anzi in questo periodo che stiamo vivendo, la negatività, il pessimismo, la paura, le ansie sul futuro, stanno contaminando, giorno dopo giorno, gli animi della maggior parte delle persone.
In un eccesso di riserbo, spesso si tende a tenersi dentro quello che ti fa stare male, hai paura a confidarti, temi che l'altro non ti possa comprendere, oppure pensi che sia inutile andare a caricare di pessimismo chi già ne porta sulle spalle una buona dose.
Continuiamo a camminare come viandanti oberati dal peso di valigie che si fa fatica a trascinare, valigie spesso piene di cose inutili, rimpianti del passato, rimorsi per scelte fatte o non fatte, nostalgie di tempi ormai andati. 
Valigie ingombre di cose che pensi ti potranno essere utili nel futuro e stanno ostacolando e condizionando il tuo presente, ansie, preoccupazioni, paure, proiezioni mentali.
Cominci ad avvertire quel leggero fastidio, un senso di disagio che cresce e si trasforma in un malessere continuo che è lì pronto ad attaccarti ogni volta che gli dai spazio, aspetta il momento giusto per colpirti.
Cerchi di prendere sonno e non ci riesci, ti addormenti e ti svegli nel pieno della notte, vuoi seguire la tua passione e non ce la fai, ti guardi intorno e sembra che nessuno ti voglia comprendere, ascoltare, accogliere tra le sue braccia.
Pesi, valigie sempre più ingombranti.
Sai bene che non è continuando a piegarti sotto il peso, non è con questa fatica che potrai andare avanti e se ci andrai, ogni passo sarà sempre più faticoso, ti piegherai sempre di più finché ti ritroverai esausto, privo di qualsiasi energia e da quel momento diventa veramente una fatica immensa il dover ripartire.
Si deve avere la forza e il coraggio di rallentare il passo, di trovare nell'arco della giornata uno spazio da dedicare solo ed esclusivamente a sé stessi, di mettersi in contatto con i pensieri, le sensazioni, le emozioni, anche se il contatto porterà sofferenza ma è una sofferenza in cui entri dentro per iniziare la risalita.
E' lo spazio in cui comprenderai che tanti di quegli oggetti con i quali hai riempito le tue valigie, sono solo cose inutili da portare appresso e allora comincerai ad alleggerirti, alzerai gli occhi e ti accorgi che ci sono altri occhi pronti a guardarti, riprenderai la voglia di parlare e ci saranno persone che ti ascolteranno, ti renderai conto che la luna aspetta che il sole illumini le giornate e poi lei arriverà a rendere magica la notte per lasciare di nuovo, quando l'alba arriverà, lo spazio al sole.

(Santo)

immagini e foto tratte da fonti internet.

sabato 21 dicembre 2013

LETTERA A BABBO NATALE



Caro Babbo Natale, quando ero un piccolo bambino ti scrivevo la mia letterina e cercavo di essere il più ordinato possibile per essere sicuro che tu comprendessi le mie richieste.

Erano i desideri di un bambino che sognava di avere un plastico con tanti trenini in miniatura, di trovare sotto l'albero un libro di avventure o lo scatola con i mattoncini Lego.

Aspettavo il momento in cui mio padre, fingendo di essere sorpreso, trovava la lettera sotto il piatto ed io la leggevo e tutti mi battevano le mani e rimediavo qualche soldino.

Ne è passato di tempo da quelle lettere di bambino, eppure le lettere le ho continuate a scrivere, anche se poi non le ho messe più sotto un piatto e le ho tenute con me.

Tante cose che ti ho chiesto nel corso di questi anni si sono realizzate e tante sono rimaste scritte lì, su quelle lettere.

Di questo tu non hai grandi colpe perché sono state spesso le mie scelte o ancor meglio le mie non scelte a impedire che quelle richieste diventassero delle realtà.

Tra poco tu tornerai di nuovo nelle case di tanti bambini che ti stanno aspettando e io, che bambino non lo sono più, continuo a scriverti la mia lettera.

E cosa ti potrei scrivere?

Ti scriverei che i primi bambini che dovresti visitare sono i tanti bambini che nel mondo soffrono e spesso ci dimentichiamo di loro, salvo ricordarcene quando una raccolta di soldi si trasforma in un grande spettacolo da circo mediatico.

Ti vorrei chiedere di mandare a casa tutti questi politici che continuano dai loro piedistalli a ignorare il vero dramma che stanno vivendo tante persone in questo nostro paese, in cui ci eravamo illusi di essere dei benestanti e avevamo visto nella ricchezza un obiettivo da raggiungere, spesso mettendo in secondo piano valori e sentimenti ben più importanti.

Caro Babbo Natale porta la serenità nelle famiglie, ferma chi ha perso ogni residua forma di coraggio e si lascia andare, ridai la speranza a chi l'ha persa.

Solo per un giorno fai scomparire tutti quegli aggeggi che nell'inganno della tecnologia ci hanno spersonalizzato e per un giorno dai modo a tutti di tornarsi a guardare negli occhi, a parlarsi, a confrontarsi.

Trasforma tutte le trasmissioni televisive, impedisci a loro di darci ogni giorno cattive notizie e almeno per questo periodo fai si che ci arrivino messaggi di dolcezza e di tenerezza, quei messaggi che stiamo tutti apprezzando in quel piccolo grande uomo che si chiama Francesco ed è entrato nel cuore di ognuno di noi, credente o meno che sia.

Caro Babbo Natale, non c'è più chi trovava la lettera sotto il piatto e non c'è più neanche chi, pur con tutte le difficoltà, ha fatto sempre sì che quel piatto si riempisse e non fosse mai vuoto.

Mi mancano le loro presenze. In questo periodo ancor più sento che non ci sono e allora concludo la mia lettera chiedendoti di darmi sempre quell'entusiasmo che non mi è mai mancato e mi ha sempre dato la voglia di andare avanti, di non arrendermi.

Porta la mia lettera a tutti coloro che mi vogliono bene, a tutti quelli che mi stimano, ai tanti che mi hanno conosciuto e serbano di me un buon ricordo e portagli tutto il mio affetto.

Buon Natale da Santo


domenica 10 novembre 2013

LE NOTIZIE DEL TELEGIORNALE




Un sabato sera a casa.

Alle ore 20.00 accendo la televisione per guardarmi il telegiornale, visto che abitualmente non lo faccio, anche perché siamo così bombardati di notizie da non avvertire più l'esigenza di aspettare, come si faceva in passato, l'ora del telegiornale.

Mi sintonizzo su Canale 5 e le notizie di cui si è parlato sono state:

- la situazione economica in Italia con un quadro che non può che mettere apprensione, un dramma sociale che aumenta di giorno in giorno, spesso celato dietro la dignità di chi non ha il coraggio di ammettere di essere diventato povero;

- il tifone violento che ha colpito le Filippine: immagini di morte, di dolore, di sofferenza;

- il satellite impazzito che dovrebbe abbattersi sulla Terra nella giornata di oggi, con la Protezione Civile che raccomanda di non uscire di casa domenica sera;

- il fenomeno delle baby squillo che non sembrerebbe circoscritto alle due ragazze dei Parioli ma è un fenomeno che sta avendo un forte incremento, con dietro delle organizzazioni criminali che sfruttano i minori

- l'intercettazione della conversazione tra madre e figlia con la madre che rimprovera la figlia non per non aver fatto i compiti ma perché non ha portato a casa i soldi;

- la morte di una giovane ragazza a Roma, precipitata dal balcone di casa, e non si è ancora capito se sia stato un suicidio o un omicidio, ma intanto non si ha alcun rispetto per il passato di questa ragazza, andando a mettere in evidenza delle sue problematiche che non credo dovrebbero essere messe in mostra;

- un ragazzo di 11 anni che manda un SMS alla madre, apre la cassaforte di casa, prende la pistola del padre e si spara;

- un uomo di 37 anni che uccide il proprietario di casa, sembrerebbe per motivi legati al pagamento dell'affitto. Intervistano i vicini dell'omicida e tutti lo dipingono come una bravissima persona, la quale ad un certo punto si trasforma in assassino.

- quattro sciacalli, dipendenti della Società che ha recuperato la Concordia, sono stati arrestati perché si erano introdotti nella nave e per "prendere un souvenir a ricordo";

- a Taranto viene assaltata la Caserma dei Carabinieri per protesta contro l'arresto di cinque persone e da lì un servizio su tutti i precedenti in cui le forze dell'ordine sono state oggetto di assalti.

Per non far mancare nulla a questo quadretto così allegro e foriero di prospettive positive, ecco arrivare il meteorologo il quale preannuncia l'arrivo di perturbazioni, piogge torrenziali, abbassamento di temperature.

Meno male che un pizzico di speranza è arrivato quando la conduttrice si è collegata con gli studi di Italia's Got Talent per presentare la serata finale dello show in cui delle persone di talento si sfidano per la vincita finale, un momento in cui pensare che ci possa essere ancora qualcosa di positivo.

Mi sono chiesto: ma cosa sta succedendo o cosa sia ormai già successo da non poter più tornare indietro, cosa ci sta riservando il futuro, siamo ancora in tempo per fermarci tutti a riflettere e ritrovare il centro di noi stessi oppure siamo ormai su una nave impazzita, in balia delle onde?

A volte anche io mi sento come se mi fossi smarrito, guardo indietro e rimpiango tante cose che rendevano la vita più bella, seppur in mezzo ad enormi difficoltà, probabilmente più forti di quelle di oggi, oppure se guardo avanti provo apprensione, incertezza, non riesco a capire fino in fondo quale sarà il proseguimento, dove andrò, dove potrò arrivare, cosa mi riserverà la vita.

Poi mi fermo e penso al momento, all'attimo che sto vivendo e mi chiedo se in questo momento ci sia qualcosa che mi sta creando problemi e mi accorgo che non c'è un problema nel momento, ci sono solo pensieri che mi allontanano dal momento che sto vivendo e allora mi immergo totalmente nel momento cercando così di allontanare la mente da tutti quei pensieri che diventano degli ostacoli nel cammino di tutti i giorni.


(Santo)


giovedì 26 settembre 2013

LETTERA AD UN PADRE DOPO TRENT'ANNI






Ieri sera concludevo la riflessione contenuta nell'articolo "La Vita è adesso", anticipando una lettera che è nata nel mio cuore, nei miei pensieri, nei miei ricordi, in questi ultimi giorni, a ridosso di una scadenza che è iniziata a maturare trent'anni indietro nel tempo.

Questi lunghi anni sono stati degli anni in cui quello che era un giovane che si stava affacciando al vero gioco della vita, è oggi un uomo maturo e dentro questi lunghi anni ci sono un bagaglio di ricordi, di esperienze, di visi, di persone incontrate nel mondo.

Ed allora ho provato ad immaginare cosa avrei potuto scrivere in una lettera da recapitare ad un Padre che se ne è andato troppo presto, e non ha potuto condividere quelle esperienze che io ho potuto fare in questi lunghi anni.

E così da questa riflessione è nata

mercoledì 25 settembre 2013

LA VITA E' ADESSO





Questa è una di quelle sere in cui il sentimento della nostalgia prevale su ogni altra cosa.

Domani rappresenta per me una di quelle date che entrano prepotentemente nella vita di ognuno di noi.

Sono quelle tappe che non le dimenticherai mai, sia nel bene che nel male, sono quei giorni che in mezzo a migliaia di giorni, a volte sempre così uguali tra loro, resteranno sempre nella mente e nulla riuscirà a cancellarli.

Il giorno di domani mi rimanda indietro a trent'anni fa, quando ero molto più giovane, a quando stavo muovendo i primi passi nella vita post scolastica, gli anni in cui avevo iniziato a percorrere quel ponte,
che come ci aveva detto il nostro professore di diritto, è un ponte che quando lo guardi da giovane sembra immenso, lunghissimo e man mano che questo ponte lo percorri e ti guardi dietro, ti rendi conto che forse non era così lungo, come sembrava all'inizio.

Trent'anni fa accadde, nella mia vita, un episodio di quelli traumatici, un episodio che è accaduto troppo presto e mi ha privato della gioia di crescere, con la figura di un Padre vicino, un Padre a cui donare le soddisfazioni che ogni figlio vuole dare a suo Padre

Allora, se guardavo avanti a me, il pensare ai trent'anni che dovevano passare perché arrivasse la scadenza a cui oggi siamo arrivati e che ci impone il rispetto di determinate procedure burocratiche, mi sembrava un'immensità.

Quell'immensità di ieri, oggi è vita vissuta, è una somma di esperienze che mi hanno condotto ad essere quello che sono, ad occupare lo spazio che occupo, a pensare se avrò ancora tanta immensità da riempire e come si potrà riempire questa immensità che mi rimane da riempire?

Sarebbe stato bello avere accanto a me quella persona che non ho potuto avere e parlare non più da figlio che parla con il padre, che sembrava così grande, per me, a quei tempi, ma parlare da uomo a uomo, perché oggi non sono più il giovane che stava iniziando il suo percorso di vita, ma sono un uomo cresciuto.


Sicuramente come era nel suo modo di essere, se ne sarebbe stato in silenzio ed io lo avrei travolto di parole, di racconti, gli avrei descritto i viaggi che ho fatto in questo lungo tempo.


Mentre sto riflettendo, arriva dalla radio una stupenda canzone di Baglioni e come tutte quelle cose che arrivano al momento giusto questa canzone è "La vita è adesso".

Esco dalla nostalgia, esco dai ricordi, esco dai rimpianti, completo quella lettera che ho tenuto nel cassetto, per finirla di scrivere, domani, a voler dare un senso a questi lunghi trent'anni.

(SANTO)

giovedì 12 settembre 2013

PRIMO GIORNO DI SCUOLA

Scuola Fausto Cecconi - Renzo Pezzani di Roma
Guardando i capannelli di studenti davanti alle scuole, mi è venuto da pensare a come  avessi vissuto io il mio primo giorno di scuola.

Avrò pianto come continuano a fare molti bambini, oppure ho lasciato la mano di mia madre e sono andato tranquillo nella classe?

Sono passati tantissimi anni da quel giorno e la mia memoria non riesce a tirar fuori il ricordo di quel momento, forse a riprova che non fu così traumatico.

Non ho più chi mi potrebbe dare una risposta e non ricordo se avessi mai chiesto a mia madre questo particolare.

E' però vivo nella mia mente il ricordo della maestra d'asilo, la Cocco, e del maestro elementare, il Maestro Gardi.


Sono figure che hanno rappresentato dei punti di riferimento nella mia vita perché mi hanno guidato nella mia crescita.

A quei tempi esisteva il maestro unico e ti seguiva per tutti i cinque anni delle elementari.

Erano gli anni in cui, soprattutto erano le mamme ad accompagnare i figli e forse in questo non è che sia cambiato molto, ma di diverso c'è che allora ci accompagnavano a piedi e solo pochissimi fortunati arrivavano in automobile.

Quelli erano gli anni del boom demografico e non c'era l'immigrazione di oggi, pertanto le scuole erano degli edifici imponenti, che avevano classi composte da 25/30 bambini e non c'era la mescolanza tra maschietti e femminucce, si stava in classi differenti.

La mia scuola era la Fausto Cecconi, un solenne edificio in stile littorio, oggi usato anche in alcune fiction televisive, una per tutte "I Cesaroni".

Di quegli anni ricordo alcuni nomi dei miei compagni di classe, ricordo la foto di gruppo, gli insegnamenti del maestro, le storie che ci raccontava per trasmetterci i valori della famiglia, del lavoro e tutte quelle componenti sane per la crescita di un bambino.

Non mancavano le bacchettate sulla mano e quando è capitato a me, prontamente, interveniva mia madre a riprendere il maestro e a consigliarli di non usare le maniere forti, altrimenti si sarebbe rivolta al "Dirigente Scolastico"

Ricordo il momento della pagella e la soddisfazione di portarla a casa con i bei voti ed avere il piacere della ricompensa, a volte un semplice regalo ma per quei tempi quel semplice regalo era un dono immenso.

Poi la vita ti inghiotte e ti mette davanti a tante prove e sembra che ogni giorno diventi il primo giorno di scuola.

Auguri a tutti quelli che stanno vivendo il loro primo giorno di scuola

(Santo)