domenica 25 maggio 2014

PREGO NON DISTURBARE








Sto, ormai, arrivando alla conclusione, che dovrò mettermi al collo uno di quei cartoncini che si trovano nelle maniglie delle porte degli alberghi con scritto "non disturbare".

A proposito del "non disturbare", mi ritorna in mente anche la frase di Calamandrei, uno dei padri della nostra Costituzione il quale affermò: "la libertà di un individuo termina dove inizia la libertà di un altro individuo"

Questa frase fu una delle tracce dei temi di maturità ed io allora non comprendevo bene cosa effettivamente volesse significare quella frase. 

Allora mi sembrava addirittura banale nel suo assunto e non ero ancora in grado di capire quante riflessioni si potevano fare su quella frase, considerazioni che, poi, sempre più ho fatto mie, nel percorso della vita.

Non bisogna arrivare ai grandi temi esistenziali per comprendere che in effetti ognuno di noi deve essere libero di vivere la propria vita, ma la propria libertà non dovrebbe mai invadere la libertà altrui.

Ed invece più si va avanti e più mi rendo conto che il rispetto dell'altrui persona sta diventando un optional, quando invece dovrebbe essere un valore da tenere ai primi posti.

L'avvento della telefonia mobile e di tutte le sue applicazioni ha trovato fertile terreno e, ormai, ogni luogo rischia di diventare un teatrino fatto di suonerie di ogni tipo, conversazioni in cui si parla, e anche non volendo si diventa ascoltatori di drammi familiari, di storie di corna, di cause in tribunale, di crisi aziendali, gente che si manda a quel paese, personaggi che camminano, parlando da soli e gesticolando, uomini e donne al volante intenti a parlare e nello stesso tempo a mantenere l'attenzione sulla guida.

Non c'è più rispetto neanche per i luoghi che dovrebbero essere le sedi naturali del silenzio, della riflessione e anche in un cimitero, in una chiesa, in un museo, in un convento c'è gente che non riesce a staccarsi un minuto dal suo telefonino.

Non parliamo dei luoghi di vacanza in cui ci si dovrebbe disintossicare, luoghi in cui ritrovare il giusto ritmo ed invece anche qui devi fare i salti mortali per riuscire a non farti "invadere" dall'altro che può essere il tuo vicino di ombrellone, un commensale che si è seduto al tuo tavolo.

Pregasi non disturbare è l'appello che ormai disperatamente vorrei lanciare a tutte le aziende telefoniche, di servizi vari che senza pietà alcuna invadono la nostra intimità, i nostri momenti di relax, interrompono una conversazione importante, ti chiamano alle ore più impensate e alla fine costringono quei poveri ragazzi e ragazze che sono nei loro call center a prendersi insulti di ogni tipo,
trasformando, a volte, anche una persona educata come me in un becero ignorante, ma spesso non vi è altro modo d'interrompere quelle sgradite invasioni di campo.

Ieri sera ero al ristorante con degli amici, mi stavo rilassando a conclusione di una settimana abbastanza intensa dal punto di vista dello stress mentale, e stavamo gustando il piacere di una sana chiacchierata, avendo deliberatamente e di comune accordo, spento i nostri telefonini, ma il proposito è stato, anche in questo caso, disturbato dall'insistenza e dall'invadenza di venditori di ogni tipo che arrivavano ai tavoli per proporre non solo la classica rosa rossa, ma per propinarci oggetti di ogni tipo e nonostante uno gli dicesse "grazie ma non mi interessa" non c'era verso di farli andar via ed anche in questo caso devi trasformarti da educato a maleducato.

Non parliamo poi di tutti quelli che ti fermano per strada, quelli che ai semafori ti vogliono per forza pulire il vetro, quelli che ti inseguono per venderti di tutto, quelli che mentre stai a prenderti un caffè ti arrivano alle spalle e ti si appiccicano addosso e non c'è verso di farli andar via.

Sei nel negozio e stai lavorando e ti entra di tutto, dai venditori di colore che ti vogliono vendere sempre quello stock di calzini, a quelli che si sentono venditori professionisti e il più delle volte sono ragazzetti e ragazzette mandati allo sbaraglio, senza un minimo di tecniche di approccio a quella che è la vendita più difficile da fare, la vendita porta a porta, e anche questi il più delle volte debbono essere allontanati in maniera non certo ispirata alla diplomazia internazionale.

Vi prego vorrei non essere più disturbato ma so bene che è un appello che non troverà nessuna eco e allora dovrò sforzarmi ogni giorno per mantenere la mia libertà di rimanere una persona educata.




domenica 11 maggio 2014

AUGURI A TUTTE LE MAMME



Oggi è la Festa di tutte le mamme.
Sarebbe stato bello potermi svegliare e dirti "auguri Mamma"
Sarebbe stato bello andare in pasticceria a comprarti una scatola di cioccolatini, passare dal fioraio per prendere delle rose per il tuo giorno, continuare a fare quei gesti che avevo sempre fatto in questa occasione.
Ma si sa la vita ha un suo termine e vale per tutti, per le mamme e per i figli.
Oggi l'unico gesto che posso fare è stato quello che ho fatto ieri pomeriggio, andarti a trovare dove sei adesso; svegliarmi, oggi, e pensare a te, scrivere qualcosa che possa parlare di te.
Questo è il primo dei tanti doni che mi hai dato: il desiderio e anche la capacità di scrivere.
E dico che è un dono perché questa mia voglia di raccontare, di tradurre le mie immagini in qualcosa di scritto, nasce dall'ascolto che sin da bambino accompagnava i tuoi racconti.
A volte ci scherzavamo sopra, ti prendevamo anche un po' in giro ma tu eri straordinaria nel tuo modo di riuscire a coinvolgere le persone e a raccontargli pezzi della tua e della nostra vita, quei racconti che, ancora oggi, anche tante mie amiche ricordano, quando mi chiamavano sul telefono di casa (non esisteva tutto quello che esiste oggi e che in parte ci ha privato di tante belle cose!), io ero fuori, e tu le tenevi al telefono , loro ti ascoltavano con piacere ed erano contente di dirmelo.
Se avessi avuto la costanza di raccogliere tutti i tuoi racconti, di farti mille domande e di tempo ne ho avuto per farlo, oggi avrei in mano una sceneggiatura da consegnare ad un regista che ne potrebbe fare un film, ad un editore per pubblicarne un libro.
Io credo che tutte le mamme di ieri sono depositarie di un pezzo importante della storia di questo nostro paese e purtroppo spesso ce ne dimentichiamo.
In questo romanzo, in questo film immaginario che cosa avrei potuto scrivere?
Avrei parlato della tua infanzia, della tua adolescenza, dei tuoi fratelli e di tua sorella che non siete cresciuti nelle comodità, negli agi.
Tu che ogni volta che passavamo nella via del Quadraro, un vero quartiere romano, dove eri nata, ce lo ricordavi sempre ed oggi quando io mi trovo da quelle parti ci penso sempre.
Siete cresciuti a cavallo di due guerre mondiali, sotto la dittatura fascista, con un padre molto severo e autoritario, oltretutto comunista, ma comunista di allora.
Nonno Maurizio che nel suo aspetto ricorda Humprey Bogart e mi ricordo quando tu ci raccontavi sempre l'episodio di quando in braccio a lui, fu schiaffeggiato da un fascista, solo perché indossava una sciarpa rossa, anticipando di circa quarant'anni quello che poi si sarebbe ripetuto negli anni 70 quando si veniva etichettati camerati o compagni solo in funzione di come ci si vestiva, ma negli anni 70 avevamo o pensavamo di aver recuperato la democrazia e la libertà!
Voi che vivevate in un piccolo appartamento e dovevate trovare il modo di poter aiutare i vostri genitori a superare le mille difficoltà della vita, altro che le difficoltà di oggi!
E poi, dentro questo romanzo, ci avrei messo i racconti della guerra.
Quell'episodio che lo raccontavi così spesso perché sicuramente ti è rimasto dentro in maniera forte, traumatica.
Quando tu lavoravi allo stabilimento della Breda (fabbrica di armi) sulla Casilina, oltre il raccordo,  cominciarono gli attacchi aerei su Roma per quella che doveva essere l'attacco finale alle forze tedesche, suonarono gli allarmi e doveste lasciare la fabbrica di corsa ma ad aspettarvi non c'era nessuno, non c'era la Protezione Civile di oggi,  e così tu insieme a centinaia di persone, correndo per chilometri e chilometri, tornaste verso casa e arrivati all'altezza di Centocelle, trovaste uno scenario di guerra: morti sulle strade, case sventrate, i tram capovolti.

Gli americani avevano concentrato i loro sforzi sul quadrilatero intorno all'Aeroporto di Centocelle, dove, ovviamente, c'era una massiccia presenza di tedeschi.
Arrivò finalmente la liberazione, gli americani vi riportarono la gioia, vi riempirono di cioccolate, di caramelle, per la prima volta scopriste la "gomma americana" ed oggi che ci penso, tu portavi sempre con te un pacchetto di "chewingum", forse, ricordando nel tuo inconscio, cosa avesse potuto significare per voi quel gesto, quella carezza.
Gli americani impazzivano per le donne romane che pur nella sofferenza mantenevano la loro dignità di donne fiere, coraggiose, toste, le quali, pur non avendo alcun supporto di quelli che oggi ti vogliono rendere bella in un giorno, erano comunque delle donne bellissime, come ce lo testimoniano le foto dell'epoca e mi  piace ricordarle con l'immagine di una delle donne romane più belle che abbiamo avuto, la grande Anna Magnani.


Anche tu facesti innamorare di te un sergente americano che ti voleva portare via con lui. Tu hai preferito rimanere con la tua famiglia e non cedere alla tentazione di una vita migliore e chissà cosa sarebbe successo se tu avessi seguito quell'uomo, forse io oggi non sarei qui a scrivere, oppure chissà lo avrei fatto da una città degli Stati Uniti!
Tutto è scritto nel copione della vita.
Per un soldato che se ne andava, stava arrivando per te un nuovo soldato.
Un giovane uomo siciliano, catapultato dal suo paesello nel centro della Sicilia, dapprima ad Orvieto alla scuola Granatieri, grazie alla sua prestanza fisica e alla sua altezza, e poi nella caserma Ruffo sulla Tiburtina.
Erano i tempi del primo dopoguerra e stavate ritrovando un po' di serenità, vi bastava poco per essere felici e così in una serata di quelle che ti cambiano la vita, in una festa di quelle che si tenevano allora,  in un cortile dove si ballava, accompagnati dal suono di una fisarmonica, arrivò questo timido uomo siciliano e m'immagino lui che è stato sempre un uomo molto silenzioso quando ti conobbe, come fu attratto da te, dalla tua bellezza e dalla tua irruenza verbale.
La fisarmonica è stato uno di quegli strumenti, le cui note ti hanno continuato ad emozionarti per tutta la vita e mi pento di non avertene regalata una.


Lui dovette tornare nel suo paese ma sapeva che ad attenderlo c'era una donna, quella stessa donna di quella sera.
Allora per avere notizie dovevi aspettare giorni e giorni perché ti arrivasse una lettera e non sempre queste lettere arrivavano.
Come poteva un uomo innamorato resistere al desiderio di sapere cosa ne fosse stato della donna per cui si era innamorato?
E allora di nascosto, tra mille ostacoli, camminando a piedi per chilometri e chilometri, chiedendo qualche passaggio a qualche sparuto autista che possedeva allora un mezzo di locomozione, raggiunse la stazione ferroviaria, distante dal suo paese e si mise sul treno che lo portò di nuovo a Roma per andare a prendere la sua donna.
Altro che i romanzi rosa di  oggi o le "sfumature di grigio"!
E così finalmente il vostro sogno ebbe il suo lieto fine e formaste una famiglia, in cui io sono entrato nel momento in cui le cose si erano già un pochino sistemate e tranquillizzate, io sono il figlio nato negli anni del boom, anche se per la nostra famiglia questo boom ci è arrivato in maniera ridotta.
Mi sono perso la parte più epica, più avventurosa, più difficile, quella in cui, spinti dalla insistenza della famiglia di origine di Papà, andaste a vivere nel paesello sulle Madonie e parliamo degli anni 50.


M'immagino te, catapultata dalla capitale d'Italia, dal fervore di una città che stava rinascendo e riaprendosi al mondo, in una dimensione di vita che si basava ancora su retaggi del passato, su mentalità che ancora non si aprivano al nuovo.
Ci raccontavi sempre di quel periodo, comunque difficile,  che tu accettavi per Amore, per il vero Amore verso il tuo Uomo.
Però tu eri una donna che riuscivi anche a sopportare, brontolando o tenendo dentro quello che pensavi , sei sempre stata fiera di te stessa e determinata nelle tue decisioni, insegnamento che mi hai trasmesso.
Quando il livello di sopportazione era arrivato ormai al suo apice, da grande donna, mettesti il tuo Uomo con le spalle al muro e lui dovette scegliere tra la sua donna e la sua famiglia e lui da grande uomo scelse la sua donna e non abbandonò né lei né i suoi figli, cosa che oggi sembrerebbe quasi normale.
E così tornaste nella grande città.
Potrei andare avanti all'infinito nel raccontare questo pezzo di storia italiana, appoggiandomi ai ricordi dei tuoi racconti e a quelli che mi fanno le persone che hanno vissuto quegli anni con voi.
Da un certo momento in poi sono i miei ricordi di vita vissuta per lunghissimi anni insieme a te nella stessa casa, ad alimentare il serbatoio della mente, a ridonarmi centinaia di immagini, a farmi avere nostalgia di certi sapori, di certi odori, che erano i sapori e gli odori della tua cucina, quella cucina che oggi mi manca tanto.
Sono i ricordi delle camicie sempre stirate e linde, dei pantaloni portati in tintoria perché ci tenevi che tuo figlio si presentasse sempre in ordine.
Sono i ricordi delle tue dispense in cui non mancava mai nulla, ti prendevamo in giro perché, forse ricordando i tempi della guerra in cui mancava tutto, tu compravi più del necessario ed oggi mi rendo conto cosa possa significare arrivare a casa, aprire il frigorifero e trovarci dentro la desolazione.
Sono i ricordi delle tue urla, dei tuoi ceffoni. Eri severa come deve essere severa una madre ma se c'era da prendere le mie difese non ti tiravi indietro ed eri la prima ad arrivare e non avevi paura di nessuno, come può aver paura chi ha vissuto le paure più tremende?
Sono i ricordi delle tue apprensioni, delle tue preoccupazioni che ti sei tenuta dentro e che spesso mi mandavi come per prepararmi al giorno in cui tu non ci saresti più stata.
Quel momento che mai nessuno vorrebbe arrivasse, salvo qualche folle che passa agli onori della cronaca mediatica e riempie le pagine dei giornali, o le serate televisive, inevitabilmente può arrivare.
Il tuo momento è stato preceduto da un periodo di grande sofferenza e di grande sacrificio per te, hai lottato, come era nel tuo carattere per non arrenderti, hai continuato a sorridere alla vita, cercando di rimandare l'appuntamento finale ma quell'appuntamento è poi arrivato.
Io ho cercato di fare del tutto per restituirti tutto quello che tu avevi fatto per me, in parte ci sono riuscito, in parte l'impreparazione mi ha fatto compiere qualche passo sbagliato e tu da grande donna che sei stata e soprattutto da grande madre che sei stata nella tua vita, mi hai salutato con un cenno della mano, con il sorriso sulle labbra, quasi a volermi dire: 
"ora sei un uomo maturo e da uomo maturo devi andare avanti da solo"



L'uomo maturo tra mille peripezie sta andando avanti, sapendo che, comunque, non sarà mai solo perché una Mamma non ti abbandona mai e se ti abbandona, come spesso oggi sentiamo raccontare è perché qualcosa è andato in tilt nel suo cervello, e allora ho voluto con questo parziale racconto ricordare una grande donna, una grande mamma, una grande italiana, donne che come la mia, ma ce ne sono state e ce ne sono migliaia , ci rendono fieri di essere uomini di questo paese.
Oggi mettete da parte gli Sms, o le altre menate tecnologiche, chiamate le vostre madri, ditegli che gli volete bene, abbracciatele, stringetele, ditele "Grazie" e non avete paura di sembrare banali, questa non è banalità, sono i piccoli gesti che fanno diventare grande la vita.


(Santo)

mercoledì 9 aprile 2014

I MIGLIORI ANNI DELLA NOSTRA VITA




 I migliori anni della nostra vita

I migliori anni della nostra vita è uno dei testi più belli del vasto repertorio di Renato Zero, ma in ognuno di noi quali sono i migliori anni delle nostre vite?
Credo che ognuno di noi abbia un suo personale metro di giudizio.
Chi li ritrova negli anni dell'infanzia perché si dice che nell'infanzia ci siano spontaneità, purezza d'animo, mancanza di preoccupazioni, perché è il periodo in cui sono gli altri a proteggerti dalle insidie del mondo.
Poi si cresce, ci si comincia ad allontanare dal grembo materno, si fanno nuove conoscenze, nascono amicizie che te le porterai dietro per tutta la vita, si provano i primi brividi dell'innamoramento, si conosce quel "primo amore che non si scorda mai".
La vita va avanti e arriva il momento in cui si esce dalla goliardia degli anni di scuola e si guarda oltre, si cerca di capire cosa fare, che indirizzo dare alla propria esistenza, risposte a volte così ancora nebulose, dettate dalla passione, dalla bellezza di un sogno.
Con quel sogno in mente inizia il viaggio più impegnativo, quello in cui il sogno si confronterà con la realtà e la realtà spesso è nemica, mette a dura prova il sogno, fa vacillare le certezze, arrivano le batoste, quelle a cui non avevi mai pensato, ti credevi immune ma anche a te sono capitate.
E il sogno è sempre lì, a farti da faro nel buio del mare di notte.
E intanto la vita va avanti con i suoi alti e i suoi bassi, periodi in cui ti senti l'uomo più potente della terra, in cui tutte le leggi dell'Universo sono a tuo favore, e momenti in cui al contrario vorresti solo fermarti in un angolo a raccogliere gli ultimi cocci.

I migliori anni della nostra vita.

Più si va avanti nella vita, guardi indietro e ti accorgi di aver fatto un lunghissimo percorso, un viaggio che hai condiviso con tante persone che oggi non ci sono più e pensi che, forse, tutto è stato un grande sogno. 
Dove sono tutte quelle persone che ti avevano accompagnato quando eri un bambino spensierato, dove sono quelle persone che ti avevano protetto, che avevano condiviso le tue stesse gioie e ti avevano consolato quando soffrivi?
Ti guardi indietro e rivedi terre lontane, risenti il profumo di angoli esotici dove hai avuto la fortuna di andare, riascolti le musiche che ti hanno accompagnato in una notte magica sotto un cielo di stelle cubane, facendoti innamorare di una donna, di un luogo.
E così nel vortice delle giornate che si susseguono, a volte sempre uguali, i migliori anni della nostra vita si rinnovano ogni anno finché arriva quella maturità che non è ancora declino ma non è ancora saggezza, è ancora un qualcosa di indefinito, un qualcosa che ti sta staccando definitivamente da tutto quel viaggio che già hai fatto ma ancora non sei pronto per accettare che stia cambiando qualcosa di profondo, che possa arrivare una fase della vita in cui ci saranno ancora progetti ma saranno sempre più rapportati al tempo che c'è davanti.
E' il momento di intraprendere un altro viaggio, quel viaggio che spesso rimandiamo perché sembra il viaggio più facile ed invece è quello più difficile, quello che ti porta dentro te stesso, e non in superficie, vai sempre più giù, sempre più dentro alla ricerca della tua essenza, del tuo scopo, del perché ci sei.
Un viaggio che può essere un viaggio dalle mille sorprese, perché nel silenzio dei pensieri, nel raccoglimento di un attimo ci sono tante cose che c'erano ma stavano lì nascoste, tenute in un angolo.
Sono cose belle ma anche cose che possono svelarti parti di te che non volevi venissero alla luce.
I migliori anni della nostra vita, sono tutti, non esiste un anno più bello e uno che fa schifo, ogni anno regala emozioni, sogni,  dà nuove esperienze, aiuta a crescere.
E dobbiamo essere grati ad ognuno degli anni che abbiamo già vissuto e di cui sappiamo e a tutti quelli che ancora dovremo vivere di cui non sappiamo.

(Santo)

martedì 18 marzo 2014

AUGURI PAPA'


immagine tratta da google

Auguri Papà!

Sarebbe stato bello potertelo ancora dire, ma la vita ci ha allontanato troppo presto.

Avrei continuato a dirtelo mentre guardavamo la partita in televisione e tu, come ogni tifoso che si rispetti, avresti perso quella calma che ti ha sempre accompagnato..

Ti avrei detto Auguri Papà e ti avrei portato quella tazza di caffè che tu desideravi tanto la sera, quando ti sdraiavi sul divano per riposarti.

Sarebbe stato bello poterti comprare un dono speciale e consegnartelo in questo giorno per rinnovarti tutto il mio affetto e per dirti grazie di quello che tu sei riuscito a fare per me, e per tutto quello che continui a fare anche da lassù, ora che hai vicino a te il tuo grande amore, quella donna indimenticabile che ti ha amato fino all'ultimo giorno e chissà se quell'ultimo sorriso stampato sul suo volto era il sorriso di una donna che sapeva di tornare da suo marito.

La vita mi ha dato pochissime occasioni per dirtelo, ma sono sicuro che anche se sono state poche, quelle poche volte in cui te l'ho potuto dire, non l'ho detto così tanto per dirlo, quasi a voler far pace con la propria coscienza, ma quelle parole arrivavano dal cuore di un figlio che mai avrebbe potuto immaginare di vivere così tanto tempo senza un Padre accanto, eppure gli anni sono passati e ne sono passati tanti.

Tra non molto addirittura io avrò la stessa età in cui tu ci hai lasciato, o meglio ancora è stato  il copione della vita ad aver scritto quel finale, a cui tu ti sei dovuto arrendere e a cui tutti ci siamo dovuti adeguare, senza altra possibilità.

Più mi avvicino a quell'età e più tutta la vita assume un significato diverso, e, giorno dopo giorno, mi accorgo che anche io vado scrivendo il mio copione di cui non so quale sarà il finale.

Ciao Papà.

Se da dove sei mi ascolti, sappi che sono passati tanti anni, tuo figlio è un uomo, ormai maturo, ci manchi sempre tanto e da qui io ti dico
"ti voglio bene, auguri papà"

(Santo)






sabato 1 marzo 2014

IL GIOCO DELL'OCA





Quando ero un piccolo bambino, non esistendo allora i giochi tecnologici di oggi, ci divertivamo con quelli che erano definiti giochi da tavola.

Tra questi ce ne era uno chiamato il "gioco dell'oca". Ancora oggi mi chiedo perché avesse quel nome e di quel gioco mi ricordo, in particolare, quella casella in cui non ci si voleva mai fermare, perché ti rimandava al punto di partenza.

In quel periodo non potevo pensare che quel semplice gioco potesse essere anche una metafora della vita stessa. Per rendersi conto di tanti segnali che ci sono arrivati nell'infanzia, si deve andare avanti nella crescita, quando le esperienze cominciano a dare un senso al tutto.

Quante volte stiamo andando a mille, sembra che tutto giri al meglio, che tutto l'Universo tifi per noi ed ecco che all'improvviso ci si ritrova in quella casella e si è di nuovo al punto di partenza.

Allora, quando eri bambino, ci rimanevi male, gli amici che stavano giocando con te ti prendevano in giro, però alla fine ci ridevi sopra e ricominciavi il gioco,  sperando, che anche l'avversario potesse finire in quella casella e ritrovarsi anche lui al punto di partenza.

Credo che ognuno di noi si sia trovato in questo tipo di situazione, nessuno può essere immune dal rischio di cadere in quella casella.

Solo che quando non si è più bambini, non si sta più giocando, il gioco si è fatto più serio, più pericoloso.

E allora è in quel momento che si dovrebbe riuscire a ritrovare quello spirito che ti ha fatto ridere allora quando eri bambino.

Certo è facile dirlo a parole ma quanto è difficile poi metterlo in pratica, soprattutto quando le avversità, le contrarietà, le insidie si intersecano tra loro e ti senti debole, ti senti solo, sembra che nessuno abbia un minimo di comprensione per le tue difficoltà.

Sogni che hai fatto, obiettivi ambiziosi che ti sei posto, amicizie sulle quali hai poggiato le tue giornate, un amore che pensavi indissolubile, il lavoro per cui hai dato la vita, tutto sembra crollare, come quelle piramidi che tentavamo di fare con le carte da gioco,  poi un piccolo movimento, un respiro, e tutto andava giù.

La prima volta che sei di nuovo al punto di partenza sembra che non riuscirai a ripartire ed invece succede qualcosa che ti rimette in gioco e così ti accorgi di avere dentro sempre un residuo di forza, un ultimo appello al coraggio, quella spinta che ti fa rimboccare le maniche, una voce che ti sussurra "non arrenderti, puoi vincere la tua partita.".

Si gettano di nuovo i dadi e si riparte. Sai che nel tabellone di gioco c'è quella casella ma non avrai più paura di finirci dentro.

(Santo)






domenica 2 febbraio 2014

LA FATICA DI PORTARE UN PESO





E passato del tempo dal mio ultimo articolo su questo blog.
D'altro canto è pur vero che se ho avuto l'ambizione di chiamarlo "Migliora te stesso" (era il nome iniziale di questo blog) per dare prima di tutto a me e a chi, eventualmente, mi volesse seguire, dei messaggi di forza, di coraggio, di ottimismo, è necessario sentire dentro di sé questi sentimenti.
La vita però non sempre è così prodiga nel darti occasioni e spunti per essere sempre al massimo, anzi in questo periodo che stiamo vivendo, la negatività, il pessimismo, la paura, le ansie sul futuro, stanno contaminando, giorno dopo giorno, gli animi della maggior parte delle persone.
In un eccesso di riserbo, spesso si tende a tenersi dentro quello che ti fa stare male, hai paura a confidarti, temi che l'altro non ti possa comprendere, oppure pensi che sia inutile andare a caricare di pessimismo chi già ne porta sulle spalle una buona dose.
Continuiamo a camminare come viandanti oberati dal peso di valigie che si fa fatica a trascinare, valigie spesso piene di cose inutili, rimpianti del passato, rimorsi per scelte fatte o non fatte, nostalgie di tempi ormai andati. 
Valigie ingombre di cose che pensi ti potranno essere utili nel futuro e stanno ostacolando e condizionando il tuo presente, ansie, preoccupazioni, paure, proiezioni mentali.
Cominci ad avvertire quel leggero fastidio, un senso di disagio che cresce e si trasforma in un malessere continuo che è lì pronto ad attaccarti ogni volta che gli dai spazio, aspetta il momento giusto per colpirti.
Cerchi di prendere sonno e non ci riesci, ti addormenti e ti svegli nel pieno della notte, vuoi seguire la tua passione e non ce la fai, ti guardi intorno e sembra che nessuno ti voglia comprendere, ascoltare, accogliere tra le sue braccia.
Pesi, valigie sempre più ingombranti.
Sai bene che non è continuando a piegarti sotto il peso, non è con questa fatica che potrai andare avanti e se ci andrai, ogni passo sarà sempre più faticoso, ti piegherai sempre di più finché ti ritroverai esausto, privo di qualsiasi energia e da quel momento diventa veramente una fatica immensa il dover ripartire.
Si deve avere la forza e il coraggio di rallentare il passo, di trovare nell'arco della giornata uno spazio da dedicare solo ed esclusivamente a sé stessi, di mettersi in contatto con i pensieri, le sensazioni, le emozioni, anche se il contatto porterà sofferenza ma è una sofferenza in cui entri dentro per iniziare la risalita.
E' lo spazio in cui comprenderai che tanti di quegli oggetti con i quali hai riempito le tue valigie, sono solo cose inutili da portare appresso e allora comincerai ad alleggerirti, alzerai gli occhi e ti accorgi che ci sono altri occhi pronti a guardarti, riprenderai la voglia di parlare e ci saranno persone che ti ascolteranno, ti renderai conto che la luna aspetta che il sole illumini le giornate e poi lei arriverà a rendere magica la notte per lasciare di nuovo, quando l'alba arriverà, lo spazio al sole.

(Santo)

immagini e foto tratte da fonti internet.

sabato 21 dicembre 2013

LETTERA A BABBO NATALE



Caro Babbo Natale, quando ero un piccolo bambino ti scrivevo la mia letterina e cercavo di essere il più ordinato possibile per essere sicuro che tu comprendessi le mie richieste.

Erano i desideri di un bambino che sognava di avere un plastico con tanti trenini in miniatura, di trovare sotto l'albero un libro di avventure o lo scatola con i mattoncini Lego.

Aspettavo il momento in cui mio padre, fingendo di essere sorpreso, trovava la lettera sotto il piatto ed io la leggevo e tutti mi battevano le mani e rimediavo qualche soldino.

Ne è passato di tempo da quelle lettere di bambino, eppure le lettere le ho continuate a scrivere, anche se poi non le ho messe più sotto un piatto e le ho tenute con me.

Tante cose che ti ho chiesto nel corso di questi anni si sono realizzate e tante sono rimaste scritte lì, su quelle lettere.

Di questo tu non hai grandi colpe perché sono state spesso le mie scelte o ancor meglio le mie non scelte a impedire che quelle richieste diventassero delle realtà.

Tra poco tu tornerai di nuovo nelle case di tanti bambini che ti stanno aspettando e io, che bambino non lo sono più, continuo a scriverti la mia lettera.

E cosa ti potrei scrivere?

Ti scriverei che i primi bambini che dovresti visitare sono i tanti bambini che nel mondo soffrono e spesso ci dimentichiamo di loro, salvo ricordarcene quando una raccolta di soldi si trasforma in un grande spettacolo da circo mediatico.

Ti vorrei chiedere di mandare a casa tutti questi politici che continuano dai loro piedistalli a ignorare il vero dramma che stanno vivendo tante persone in questo nostro paese, in cui ci eravamo illusi di essere dei benestanti e avevamo visto nella ricchezza un obiettivo da raggiungere, spesso mettendo in secondo piano valori e sentimenti ben più importanti.

Caro Babbo Natale porta la serenità nelle famiglie, ferma chi ha perso ogni residua forma di coraggio e si lascia andare, ridai la speranza a chi l'ha persa.

Solo per un giorno fai scomparire tutti quegli aggeggi che nell'inganno della tecnologia ci hanno spersonalizzato e per un giorno dai modo a tutti di tornarsi a guardare negli occhi, a parlarsi, a confrontarsi.

Trasforma tutte le trasmissioni televisive, impedisci a loro di darci ogni giorno cattive notizie e almeno per questo periodo fai si che ci arrivino messaggi di dolcezza e di tenerezza, quei messaggi che stiamo tutti apprezzando in quel piccolo grande uomo che si chiama Francesco ed è entrato nel cuore di ognuno di noi, credente o meno che sia.

Caro Babbo Natale, non c'è più chi trovava la lettera sotto il piatto e non c'è più neanche chi, pur con tutte le difficoltà, ha fatto sempre sì che quel piatto si riempisse e non fosse mai vuoto.

Mi mancano le loro presenze. In questo periodo ancor più sento che non ci sono e allora concludo la mia lettera chiedendoti di darmi sempre quell'entusiasmo che non mi è mai mancato e mi ha sempre dato la voglia di andare avanti, di non arrendermi.

Porta la mia lettera a tutti coloro che mi vogliono bene, a tutti quelli che mi stimano, ai tanti che mi hanno conosciuto e serbano di me un buon ricordo e portagli tutto il mio affetto.

Buon Natale da Santo