giovedì 20 aprile 2023

Ci sono storie che non finiscono.


 

Quante foto scattiamo nel corso delle nostre giornate, specialmente ora che è molto più facile e immediato poterle fare?

Foto che spesso si accumulano e rimangono in una sorta di “dimenticatoio”

Accadono però cose che non vorresti che accadano, ma possono accadere, perché la vita stessa è fatta anche di questi accadimenti.

E allora tra le tante cose a cui cerchi di aggrapparti, cominci a cercare nel bagaglio delle foto, sia negli album che si usavano nel passato, sia nei moderni strumenti tecnologici.

Trovi delle foto che sono lì come tessere di un puzzle, a fissare tanti momenti di vita vissuta, a tessere la trama di una storia.

Una storia che potrebbe far pensare che ci sia stato un punto di partenza e un punto di arrivo.

Ma tra le tante storie, ce ne sono alcune che non finiscono nel momento in cui si potrebbe pensare che siano finite in quel momento.

Mancheranno segni tangibili come può essere quel citofono che continuerà ad annunciarti delle visite ma non quella specifica visita; una voce che non ascolterai più, una passeggiata insieme nelle vie del quartiere, un lungo viaggio in macchina per andare tutti insieme nel luogo di nascita paterno.

Non ci saranno più quelle gite improvvisate di domenica per andare a pranzo fuori porta, così come non potranno esserci più quegli abbracci per augurarsi un buon compleanno o un buon Natale.

Ma tutto quello che può sembrare intangibile, in realtà è più tangibile dell’intangibile.

Lo è perché rimane scolpito dentro noi stessi, nei nostri pensieri, nelle nostre anime, nel nostro cuore, nei nostri ricordi.

E tutto questo non verrà mai a mancare perché ci sono storie che, pur se possono sembrare terminate, continueranno ad esistere.

Quando muore una persona che ti è stata estremamente vicina, è come se si staccasse una foglia da un albero che è lo stesso albero dove ci sei tu, come la pagina che viene strappata dal libro più prezioso che hai.

Rivivi quel dolore che avevi già vissuto e forse proprio perché alla fine ci si abitua anche al dolore o perché crescendo si diventa più resistenti, ti senti più forte nel gestire il distacco.

Però rimane dentro una vena di malinconia. e nello stesso tempo capisci ancor di più quanto la vita possa essere preziosa, come sia importante impegnarsi nel rendersela il più godibile possibile.

E per godibile non è la ricerca spasmodica di situazioni, beni, strumenti, che te la facciano sembrare godibile ma in realtà sono chimere che alla fine ti lasciano con l'amaro in bocca.

La vita è fatta anche di piccoli spazi, di attimi , di sguardi, cose che possono sembrare piccole e poi invece sono le cose più belle.

E allora senti che ancor di più hai voglia di queste piccole cose...

martedì 13 aprile 2021

Lettera a me stesso nel giorno del mio compleanno




10 aprile 2011/10 aprile 2021

Un decennio. Sono tanti, sono pochi dieci anni nell'arco di una vita?

Dieci anni fa ero in fibrillazione perché ero alla vigilia di un importante appuntamento: festeggiare insieme a tante persone (familiari e amici storici) una tappa importante, vale a dire il cinquantesimo anno d’età.

Ci ritrovammo in tanti in un ristorante in un bel parco e fu un pomeriggio di allegria, di spensieratezza, di grande affetto e amicizia.

Il giorno successivo partii per un viaggio che mi portò in Madagascar nell'isola di Nosy Be, ospite di un meraviglioso resort: Andilana Beach.

Anche per il sessantesimo, avrei voluto essere nella stessa situazione di dieci anni fa, avrei voluto coinvolgere una serie di persone per stare insieme e festeggiare così un’ulteriore tappa nella vita, e partire per un nuovo viaggio.

Ma purtroppo un evento imprevedibile ha sconquassato le nostre vite, stravolgendo abitudini, programmi, progetti, obiettivi.

Anche se non ho potuto vivere la giornata del compleanno, così come l’avrei voluta vivere, questo non significa impedire a se stessi di guardare indietro e ripartendo da quella bellissima giornata di dieci anni fa, riflettere su quello che è stato questo decennio.

Un decennio che si divide in due parti, entrambe contraddistinte da cambiamenti importanti.

Nella prima parte ero preso quasi totalmente dal mio lavoro, dal portare avanti l’agenzia di viaggi di cui ero titolare insieme ad altre colleghe. 

Anni complicati per gli effetti della crisi economica, per l’incremento degli attentati turistici, della concorrenza sempre più agguerrita da parte del web.

Avvertivo l’esigenza di difendere un’attività che era per me una fonte di vita e che sentivo aggredita da una serie di minacce.

Nonostante la determinazione che ci mettemmo per cercare di difendere la nostra attività, alla fine dovemmo cedere a forze più grandi e così alla fine del 2015, prendemmo la decisione di chiudere l’agenzia.

Per me fu un tracollo psicologico, non riuscivo ad accettare la resa, e probabilmente mi ero così auto colpevolizzato che la decisione di chiudere,  ebbe delle forti ripercussioni sul mio morale che andò a picco.

Trascorsi dei mesi in cui avevo perso ogni entusiasmo, non provavo più interesse per nulla, ero sempre stanco, non dormivo la notte.

Quei periodi in cui ti senti dentro un tunnel e sembra che la luce si sia spenta per sempre.

E invece la luce non si spegne, hai solo bisogno di trovare di nuovo dentro di te l’interruttore e azionare le leve giuste per illuminare di nuovo.

E così pian piano mi rimisi in pista.

Tornai in un’aula scolastica e, anche se con fatica, mi ritrovai davanti a una classe a cui insegnare il mio mestiere.

Una carissima collega mi accolse nella sua agenzia, mi mise a disposizione una scrivania per ricevere delle persone e quello mi aiutò a riprendere il contatto con la mia professione.

Iniziai una collaborazione con una Società del turismo che stava nascendo in quegli anni e con cui ancora adesso collaboro.

La macchina si era rimessa in moto e questo mi portò a ritrovare la serenità, la motivazione, la determinazione, la voglia di vivere.

Avevo messo in previsione che avrei voluto festeggiare il sessantesimo anno concedendomi il lusso di poter invitare familiari e amici su una delle tante terrazze romane per un aperitivo, guardando dall'alto la città che amo di più, non solo perché ci sono nato e vissuto, ma perché, anche se non sei di qui, non puoi non amarla per la sua immensa bellezza.

Le cose sono andate come sono andate.

Situazioni in cui non puoi fare altro che accettarle per quello che sono.

Non ho potuto festeggiare e lo farò quando sarà possibile.

Dieci anni sono passati e sono fiero di me stesso per quello che hanno rappresentato e per i grandi insegnamenti che ne ho ricevuto.

Ora mi attende un percorso sicuramente più impegnativo.

Le sfide aumenteranno perché è vero che oggi si può essere giovani fino a tarda età ma sarebbe da folli non mettere in previsione anche delle situazioni che possono creare delle complicazioni.

Il tempo concesso è inevitabilmente inferiore a quello che si è già vissuto e quindi ogni ora, ogni minuto futuro assume un valore doppio.

Non ti è più concesso sprecare il tempo e questo non vuol significare che devi necessariamente riempire il tempo di quei ritmi frenetici che sono più adatti ad altre stagioni della vita.

Anzi il tempo deve essere più orientato a tutte quelle cose che diano un significato vero e profondo al vivere, devi volerti più bene, devi trovare più tempo per stare con te stesso, per sentirti in armonia, per fare in modo che tutta la saggezza, le esperienze che hai accumulato diventino un bene prezioso per gli altri che possono far tesoro di questi valori.

Usciremo da questo tunnel in cui tutti siamo piombati. Alcuni ne usciranno con gravi perdite, altri accuseranno di meno il colpo, però tutti ne porteremo addosso ricordi, sensazioni, nuove percezioni di vita.

La luce tornerà e speriamo al più presto possibile a illuminare il buio in tutto il mondo.


 

 


martedì 24 marzo 2020

Dal caos al silenzio. Giornate che non si dimenticheranno più

Foto di Kari Shea da Pixabay 

Sono le ore 7.00 suona la sveglia.
Ancora dieci minuti sotto le coperte e poi via si comincia una nuova giornata:
una decina di minuti di stretching tanto per riscaldare i motori, doccia, colazione.
Apro l’armadio: cosa mi metto oggi?
Via di corsa sennò si fa tardi.
Metropolitana anche oggi stracolma, che palle tutte queste persone.
Corsa sulle scale mobili per essere tra i primi a prendere l’altra metro, anche questa sempre stracolma.
Devo scendere e faccio fatica a farmi largo tra le persone che vogliono entrare
La voce al microfono insiste nel dire di attendere il prossimo convoglio in arrivo.
Finalmente dopo tre metropolitane, arrivo a destinazione.



Il tempo di entrare nel solito bar e chiedere il solito caffè con cornetto in un vociare di “caffè schiumato” “cappuccino di soia” “cappuccino con poco latte” cappuccino chiaro” ma quante varianti ci sono?
Ed eccomi alla mia scrivania. 
Accendo il computer e una cascata di messaggi dalle varie caselle di posta elettronica.
Mi devo affrettare, ho un cliente a cui ho promesso di fargli avere il preventivo entro le 11 e poi alle 12 abbiamo la riunione e alle 14 la call.
Il tempo di fare una sosta per il pranzo. Si decide con le colleghe cosa fare.
“Andiamo al bar di sotto o al buffet?” “Ti sei portata il pranzo da casa?” “Io prendo un panino e salgo”
Ancora dieci minuti per andare a prenderci un caffè e fare due passi così tanto per sgranchirsi le gambe.
Il pomeriggio scorre via veloce.
Alle 18 mi attende la lezione d’inglese e alle 19 sono di nuovo nelle metropolitane sempre affollate perché quelli della mattina la sera tornano a casa.
Mi arriva una telefonata: “Che ne pensi di un aperitivo?”
“Bella idea, dove ci vediamo? Al solito posto?”
Ci facciamo un "apericena" con le pizzettine, i supplì, il cuscus e uno spritz o un prosecchino e via verso casa.
Si perché stasera ci sta la partita di calcio della mia squadra e non voglio perderla.
Sai che ti dico prima di andare a dormire mi sento il telegiornale…stanno parlando di un virus che sta colpendo i cinesi e sai che sto pensando che è forse meglio non andare al ristorante cinese o non andare a comprare li dove andavo sempre a prendere le cose per casa e risparmiare, non si mai….




Mi sveglio ormai tutte le mattine verso le otto e siccome tanto a casa devo stare me ne rimango ancora un po’ a letto, ma è meglio non accendere la televisione sennò già mi angoscio di prima mattina.
Dai facciamo colazione con calma tanto che fretta c’è non devo andare da nessuna parte.
Prendo il cellulare e appena acceso mi arriva di tutto, e tutto gira intorno a……
Non apro l’armadio tanto la tuta che ieri sera avevo lasciato sulla sedia me la rimetto pure oggi e sai che ti dico? neanche mi faccio la barba.
Accendo il computer e sai cosa sto pensando?: mi faccio un’oretta di inglese tanto per cominciare ad ammazzare il tempo.
Ho voglia di un caffè…ma la mia Lavazza a Modo Mio fa solo un normale caffè, il massimo che posso fare è cambiare la cialda da Divino a Passionale.
Quasi quasi esco… ma dove vado? Massimo posso arrivare al negozio di alimentari che mi ero pure dimenticato che esistesse ancora. 
Dove sta tutta quella gente che correva per prendere la metro?
Dieci minuti e sono di nuovo a casa, che faccio?
E’ vero avevo da portare avanti quel progetto che erano anni che lo rimandavo e un’altra ora se ne è andata.
Si è fatta l’ora di pranzo: oggi primo, secondo, contorno, frutta e pure il dolcetto, tanto dobbiamo ammazzare il tempo.
Altro caffè, stamattina cialda Divino a pranzo cialda Passionale, tanto per cambiare che poi mi sembra che sia lo stesso.

E allora sai che ti dico ci metto un goccio di sambuca, tanto nel pomeriggio non ho grandi cose da fare.
Pennichella, tanto desiderata prima, oggi quasi un modo per consumare altra mezz’ora.
Oddio mio sono ancora le cinque del pomeriggio, ci facciamo un Tè neanche fossimo a Londra.
Foto di Thought Catalog da Pixabay

Fammi riprendere il cellulare, sempre le stesse cose di stamattina.
Oddio ha squillato il telefono, mi sta chiamando…ma erano anni che non ci sentivamo, sempre di corsa andavamo.
Accendo la televisione e ormai sono tutte repliche di programmi, neanche fossimo ad agosto.
Sto cercando di ammazzare ancora il tempo per arrivare al momento della cena, perché non ci sta l’aperitivo prima della cena, e d'altro canto a cosa dovresti brindare?
Inizia il post cena. 
Accendo la televisione e questa volta non stanno parlando di un virus che laggiù aveva isolato una città cinese, stanno parlando del virus che ha sconvolto le nostre vite, di un virus che ha fatto vittime, di un virus che ha falcidiato popolazioni del Nord Italia, sta portando morte in tutto il mondo.
Chissà se era meglio prima o adesso?

giovedì 19 marzo 2020

19 marzo Festa del Papà. Se tu fossi qui oggi cosa mi chiederesti?



Te ne sei andato via troppo presto e tu non volevi andartene, ma nulla hai potuto contro quel male più forte di ogni tuo desiderio di poter stare ancora vicino a noi per lungo tempo.

Allora io ero giovane ed ero io a porti le domande che ogni figlio fa ad un padre.

Ho provato ad immaginare che tu, oggi, fossi di nuovo tra noi e cosa mi chiederesti?

Se fossi oggi qui a percorrere le strade del nostro quartiere ti sembrerebbe tutto così diverso da come lo avevi lasciato tu.

Ti chiederesti perché ci sono tanti negozi chiusi, perché poche persone in giro e molte di queste persone indossano delle mascherine?

Tu, che anche fino all'ultimo, hai seguito la tua, la nostra squadra del cuore, avresti voglia di ritornare in quello stadio dove andasti tante volte anche per distrarti e continuare a vivere la tua vita, e mi chiederesti perché oggi non ci puoi andare, che cosa è successo nel frattempo?

Tu che andavi in Chiesa a pregare perché in quei momenti la Fede è di grande aiuto, non capiresti subito perché oggi le chiese sono chiuse e mi chiederesti perché non posso andare a pregare in silenzio?

Tu che mi accompagnavi da piccolino a scuola ed era un vociare di pargoletti mano nella mano con i papà o con le mamme, non ti sapresti spiegare perché pur essendo a marzo, le scuole sono chiuse, cosa è accaduto per farle chiudere con tutto questo anticipo?

Tu che eri abituato a vedere la tua casa piena di figli, nipoti e nipotini, non vedendoci tutti insieme ti preoccuperesti che è successo qualcosa, tu che ci tenevi così tanto alla famiglia e questo ti addolorerebbe ancora di più.

Papà hai ragione tu oggi a farmi le domande.

Ed io ti dovrei raccontare di un "male" che nessuno conosceva, non è simile a quello che ti ha condannato , e per il quale comunque fino all'ultimo ti hanno riempito di medicine nel tentativo di salvarti.

Ti dovrei parlare di un nemico venuto da lontano e che la stragrande maggioranza di noi non prendevamo in considerazione, pensavamo, o ci hanno fatto pensare fosse una semplice influenza.

Ti dovrei dire che questo male sta mietendo vittime in continuazione ed è per questo motivo che ci hanno detto di stare a casa, di evitare abbracci e strette di mano, di non incontrarci, di uscire solo per le cose essenziali (spesa, farmacia, salute)

Ti dovrei anche spiegare che se tu hai visto in giro persone che ancora oggi sono lì a fare gruppo, quelle persone che apparentemente per te potrebbero essere in una situazione normale (anche tu facevi gruppo con i tuoi amici al bar, prendendo un caffè), oggi rappresentano un pericolo e non devono stare in gruppo.

Se tu fossi qui cosa mi chiederesti oggi?

Santo David




sabato 14 marzo 2020

O si cambia o tutto si ripete (Terzani). Riflessioni da casa



Vai sempre di corsa, ti affanni per arrivare in tempo, ti prendi un caffè al bar e neanche te lo gusti, sei lì in attesa di una metropolitana o di un bus, e quando arriva fai lo slalom per impadronirti di un posto libero.

Sei al semaforo e neanche scatta il verde, già sei sul clacson e imprechi se il tizio o la tizia davanti a te non si muovono immediatamente, neanche fossimo al Gran Prix di Montecarlo.

Ti incontri con il vicino e se ti sorride sei diffidente e pensi che si sia impazzito, e neanche sai come si chiama.

Sei in fila all'ufficio postale, al supermercato, in banca, e cominci a scalpitare se davanti a te ci sono troppe persone, specialmente se davanti ci sta una persona anziana più in difficoltà, che ti fa perdere tempo, tu vai di fretta e non pensi che anche tu sarai un anziano.

Arrivi a casa e ti stravacchi sul divano, prendi il telecomando e inizi a fare zapping, e neanche ti accorgi che vicino a te ci sta tuo figlio, tua moglie.

Poi arriva da un paese lontano un ospite indesiderato il quale, non sazio di aver già fatto un lunghissimo viaggio, entra nella tua vita, dapprima sceglie obiettivi più facili, quelli più deboli, e non trovando ancora molti ostacoli nel suo viaggio, non si accontenta,  va avanti, tanto la gente continua a ballare, ad abbracciarsi, ad amarsi, a viaggiare, a incontrarsi, ad andare di corsa.

Tutto si ferma.

Non puoi più correre, massimo una camminata per arrivare al negozio più vicino.
Non puoi più stare vicino agli altri, ci devi stare ad almeno un metro.
Non puoi più andare a teatro, non puoi più andare vedere il film in uscita, a seguire la partita della squadra del cuore.
Non puoi più uscire la sera per andarti a fare un spritz con gli amici.
Non puoi più andare dal parrucchiere, dal barbiere.
Vorresti fuggire ma dove vai? tutte le frontiere sono chiuse, gli aerei non ci sono più, i treni scarseggiano.

Allora cerchi di distrarti con la televisione, ma dalla televisione arrivano le immagini di chi da quell'ospite, venuto da lontano, non ha ricevuto "oro incenso e mirra", ha ricevuto dolore, sofferenza, morte.

Ti ritrovi catapultato in un film di cui non conoscevi il copione, le battute, non avevi ancora capito quale sarebbe stato il tuo ruolo e poi ci sei dentro: tutto è così diverso dal giorno prima.

Dove sono le persone che andavano di corsa?

Adesso tutti in fila, ad un metro l'uno dall'altro, chi con le mascherine, chi si copre con un fazzoletto e improvvisamente tutti carini a chiedersi "mi scusi lei è l'ultimo della fila?".

Si pazienta in attesa del proprio turno guardando per l'ennesima volta lo schermo del cellulare, si entra uno per volta, non ti agiti se quello che è entrato prima di te ci mette un po' più di tempo.

Sei in casa che stai riflettendo e senti un coro che sta intonando "Fratelli d'Italia l'Italia se è desta", ma non ci sono le partite della Nazionale di calcio.


Ci sono persone sui balconi che stanno cantando tutti insieme, alcuni hanno preso anche le stoviglie per fare rumore.
Tutti a cantare, molti si stanno guardando in viso per la prima volta.
Il tizio che sta sul balcone non lo avevano ancora mai visto, neanche sapevano che abitasse li... ma l'inno di Mameli unisce l'Italia.



In questo copione ci sono anche quei personaggi che continuano a fottersene perché pensano che l'ospite venuto da lontano non li toccherà e continuano ad andare avanti come se per loro nulla fosse cambiato e allora se non possono andare a farsi l'aperitivo, se ne vanno in un parco aperto al pubblico e si fanno un picnic, neanche fossimo a Pasquetta, e siccome gli hanno detto che ci potrebbe essere la possibilità che si debbano fermare, allora pensano che la migliore cosa sia andarsi a mettere in fila, tutti insieme, davanti al supermercato, tanto adesso ci sono anche quelli aperti di notte.

Foto di Alexas_Fotos da Pixabay 

In questo film ci sono pure una massa di persone che la sera prima erano a fare i "fighetti" in qualche localino alla moda e quando hanno avuto paura, sono fuggiti di corsa, salendo in massa sui treni, pensando che la migliore soluzione fosse quella di andarsene in giro per l'Italia, non considerando che quell'ospite venuto da lontano ci insegue, non è che si ferma da una parte.


Foto di Alexas_Fotos da Pixabay 


A quelli che ancora oggi, in questo film, vogliono vestire i panni del "furbetto", e ancor più a quelli che, in questo film, cercano di speculare, traendo guadagno dal dolore o ingannando i più deboli, li farei andare con le loro tovagliette colorate, con il cestino del picnic o con le mascherine comprate su internet e poi rivendute con un prezzo spropositato, li porterei dentro i luoghi dove oggi ci sono persone che stanno morendo anche per la loro superficialità, li farei stare dietro il vetro di una terapia intensiva e guardare da quel vetro le persone che stanno lottando tra la vita e la morte
Così si rendono conto che quell'ospite venuto da un paese lontano non sta qui per farci stare bene, lui vuole farci del male, e se noi stiamo tutti insieme e rispettiamo il buon senso, ci dimostriamo persone degne di essere in questo mondo, probabilmente quell'ospite lo facciamo morire e non lo faremo più nascere.

O si cambia o tutto si ripete (Tiziano Terzani)

A conclusione di questa mia riflessione, il mio pensiero va alle tante persone, spesso anziane e deboli che hanno pagato il prezzo più alto che potessero pagare, alle famiglie di queste persone.
Un immenso abbraccio da parte di tutti a chi sta sul campo senza sosta per arginare e distruggere questo maledetto virus.
La speranza che la medicina e la scienza possano trovare l'antidoto per darci la certezza, che come è stato per tante altre malattie, anche questa la debelleremo.
Un abbraccio ad altri popoli che stanno avendo, purtroppo, la nostra stessa situazione e ci dobbiamo sentire tutti fratelli e sorelle, non possono esserci confini.

Santo David




sabato 17 agosto 2019

Buon compleanno ad una indimenticabile donna


Oggi abbiamo l'applicazione di Facebook che ogni giorno ci fa la lista delle persone "amiche" che compiono gli anni.

Così anche se la memoria vacillasse siamo sicuri che. come del resto avviene quasi sempre, ci colleghiamo al social, e non manchiamo all'appuntamento di fingere che ci siamo ricordati.

Ci sono però dei compleanni che non è necessario che te lo debba ricordare un sistema tecnologico.

Sono date che stanno dentro di te, scolpite e incancellabili.

Sono quelle date che ti riportano indietro nel tempo, perché in certe date si ricorda di più la persona che magari in quella data festeggiava il suo compleanno.

Chissà che aspetto avresti avuto oggi all'età di 96 anni.

Possiamo immaginarlo, potrei affidare le tue ultime foto alle attuali applicazioni per sapere come saresti potuta essere.

Ma forse tutto sommato è meglio rimanere con il ricordo del tuo viso, così come era quella sera, in cui, nonostante l'approssimarsi della fine, tu avevi ancora un sorriso da elargire, per non lasciarmi andare via con la tristezza, anche se io avevo intuito che ormai eravamo lì a contare le ore.

Ricordo quante volte in questa giornata ci siamo ritrovati io e te a condividere la solitudine del quartiere, perché tu, specialmente dopo la precoce morte di papà, non avevi voglia di andare via nel mese di agosto ed io ero obbligato a rimanere in città, perché una volta le agenzie di viaggi in questo periodo a tutto potevano pensare meno che andare in vacanza, visto che avevano centinaia di clienti in viaggio e altri che ancora andavano in agenzia a prenotarsi.

Andavamo io e te alla ricerca di un posto dove poter pranzare e festeggiare così il tuo compleanno.

I messaggi di auguri ti arrivavano sul telefono di casa e poi negli ultimi tempi qualcuno te li faceva, mandandomi messaggi sul mio cellulare ed io ti riferivo chi te li aveva fatti.

Se dobbiamo appellarci alla Fede e pensare che ci sia una vita oltre a questa che ci è stata concessa di vivere in terra, voglio sperare che tu ti sia rincontrata con l'Amore della tua vita, quell'uomo meraviglioso che ti venne portato via troppo presto e insieme state festeggiando il tuo compleanno.

Auguri Mamma.

(Santo)

martedì 4 giugno 2019

Ritrovare una lettera: vi voglio raccontare una bella storia



Nella vita chissà quante lettere avremo scritto, almeno noi che apparteniamo alla generazione che scriveva le lettere?
E chissà quante parole se non scritte comunque in qualche modo sono state dette.
Quanti sguardi hanno ricevuto una risposta, e quanti sguardi si sono persi?

Può capitare che in una sera qualsiasi, una di quelle sere in cui stai pensando a come è andata la giornata, a come andrà quella che sta arrivando, ti ritrovi a non scrivere una lettera ma a "chattare" (anche se non amo molto questo neologismo) con una amica con cui hai condiviso un periodo della vita che rimane sempre uno dei periodi più belli, il periodo della scuola superiore.
Periodo che coincide con quella fase della vita in cui non si è più bambini ma non si è neanche ancora uomini.
Questa amica mi mette cuiriosità nel dirmi che in una sua scatola, una di quelle che ognuno di noi, a volte, conserva segretamente o comunque ne è geloso, ha ritrovato delle mie lettere.
Stiamo parlando di cose scritte 40 anni fa.
Come puoi non fartele mandare?
Oggi una lettera non deve seguire più quel percorso che doveva seguire una volta per arrivare a destinazione.
Oggi in un attimo ti viene trasferita sul tuo smartphone.

Fermo restando che io resto affezionato alle lettere vecchio stampo e vorrei riprovare quei brividi, quelle emozioni che provavo sia quando aprivo una busta ed ero ansioso di leggere cosa ci fosse scritto nella lettera che ricevevo, sia quando ero io a imbustarla ed aspettare che arrivasse a destinazione, specialmente se quella lettera era portatrice di messaggi.
Ripensandoci a distanza di tempo, quando il tempo che hai vissuto è diventato così tanto e cominci a trovarti in quella fase della vita in cui gran parte del copione lo hai già interpretato, e in questo tempo attuale rivedi quello che hai vissuto, quello che la vita ti ha portato, quello che dalla vita non hai saputo prendere, ebbene ripensandoci a distanza di tempo, mi rendo conto, anche leggendo le lettere che quell'amica mi ha "rispedito" a distanza di tanto tempo, che probabilmente in quella fase della mia vita, scrivere quelle lettere era un modo di voler comunicare, aiutandomi con lo scrivere,strumento che mi ha sempre accompagnato e continua ad accompagnarmi.

Oggi rileggo quelle lettere e in particolare quella che pubblico alla fine dell'articolo mi ha emozionato perché quello che scrivevo, lo stile com cui scrivevo, il messaggio positivo che stavo mandando a quella persona, non ha nulla di differente da tante altre lettere che mi sono trovato a scrivere tante volte a persone che ne avevano bisogno, e sono fiero di sapere che molte di quelle lettere hanno aiutato delle persone a ritrovare fiducia, entusiasmo.

Allora non esistevano i blog, esistevano dei diari ma quanti potevano leggere quei diari?
Oggi scriviamo su una tastiera, il messaggio può essere lanciato nella rete e raggiungere non solo le persone che conosci ma anche chi non conosci (quindi devi anche usare maggior rispetto in quello che scrivi) e soprattutto oggi quella persona che scriveva lettere tanti anni fa, è ancora qui con la sua voglia infinita di continuare a raccontare delle belle storie.

Ringrazio l'amica che non nomino ma lei sa che le avrei dedicato questo articolo.

(Santo)